Piccoli gesti, a volte, possono essere determinanti, anche nel condizionare lo stato di salute delle persone. E’ noto che una carne troppo cotta, ad esempio alla griglia o al barbecue, possa danneggiare il nostro DNA attraverso l’introduzione di idrocarburi eterociclici cancerogeni come il benzo(a)pirene, oppure un olio, anche di buona qualità come l’extravergine di oliva, se eccessivamente sfruttato possa produrre composti tossici come l’acroleina.
Così anche un altro alimento è stato messo sul banco degli imputati con l’accusa di promuovere l’insorgenza di tumori: il sangue della carne, soprattutto se troppo cotto. La teoria sul ruolo dell’emoglobina, la proteina contenente ferro presente nel sangue della carne, in particolar modo rossa, e la sua responsabilità nello sviluppo di alcune forme tumorali appare verosimile, poiché dimostrata da diversi studi scientifici.
Lungi dal voler essere questo messaggio l’ennesima recriminazione della carne, penso infatti che non esista un alimento completamente negativo e da demonizzare tout court, il mio vuole essere piuttosto un invito a curare la scelta e le preparazioni degli alimenti.
Così per la carne è importante:
-accertarne la provenienza e la tracciabilità
-sceglierla magra, e rimuovere sempre e completamente tutto il grasso visibile prima della cottura
-diffidare degli hamburger, polpette ed altri preparati dall’aspetto traslucido (potrebbero essere stati addizionati a grasso tritato)
-ridurne comunque il consumo, non più di tre volte a settimana, preferendo carni bianche
-Sciacquare la carne prima della cottura, avendo cura di averne rimosso il sangue. Dopo la cottura, lasciarla riposare prima di servire, in questo modo la pietanza si riprende dallo shock termico, e continua a far fuoriuscire gli ultimi residui di emoglobina, che dovrebbero essere lasciati nel piatto.
Fonti. Lipkin. Cancer Research 1988, 48(2), pp. 235-45; Sesink et al., Cancer Research 1999, 59(22), pp. 5704-709; Khayat. La vera dieta anticancro. Mondatori, 2010